Commentario abbreviato:Giobbe 16:17Versetti 17-22 La condizione di Giobbe era molto deplorevole, ma aveva la testimonianza della sua coscienza che non si era mai permesso di commettere un peccato grave. Nessuno è mai stato più pronto a riconoscere i peccati di infermità. Elifaz lo aveva accusato di ipocrisia nella religione, ma lui specifica la preghiera, il grande atto di religione, e professa che in questo era puro, anche se non da ogni infermità. Aveva un Dio a cui rivolgersi, che non dubitava prendesse in considerazione tutti i suoi dolori. Coloro che versano lacrime davanti a Dio, pur non potendo difendere se stessi a causa dei loro difetti, hanno un Amico che li difende, il Figlio dell'uomo, e su di lui dobbiamo fondare tutte le nostre speranze di essere accettati da Dio. Morire significa imboccare una strada da cui non torneremo. Tutti noi dobbiamo intraprendere questo viaggio, molto certamente e molto presto. Il Salvatore non dovrebbe quindi essere prezioso per le nostre anime? E non dovremmo essere pronti a obbedire e a soffrire per amor suo? Se le nostre coscienze sono cosparse del suo sangue espiatorio e testimoniano che non stiamo vivendo nel peccato o nell'ipocrisia, quando andremo per la strada da cui non torneremo, sarà una liberazione dalla prigione e un ingresso nella felicità eterna. Riferimenti incrociati:Giobbe 16:17Giob 11:14; 15:20,34; 21:27,28; 22:5-9; 27:6,7; 29:12-17; 31:1-40; Sal 7:3-5; 44:17-21 Dimensione testo: |